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"La Bacca e la Belva", titolo tratto dai "Dialoghi con Leucò" di Cesare Pavese, è un'Odissea interiore, la ricerca di un Paradiso che si crede perduto, ma che è in realtà dentro di noi. Il perché è presto spiegato. Non è casuale se l'autrice concepisce la poesia come nutrimento e la scrittura come indagine introspettiva. Nel suo poetare la tristezza e la malinconia - i brasiliani direbbero la saudade o per meglio dire lo struggimento raggiungono vette elevate, ma senza trasmettere angoscia. Anzi, ogni tentazione di questo tipo è respinta al mittente quando Roberta utilizza il simbolismo animale, assimilando quello degli umani ai comportamenti di volatili o insetti, specie le formiche. E se il suo percorso, impregnato di richiami alla letteratura, da Sylvia Plath a Pasolini, dalle Sacre Scritture ai testi di De Andrè, nella sezione "L'animale e i versi" è guidato dall'istinto, è l'innocenza a orientare le liriche di "Fiabesco", così come è l'Eros, come forma di conoscenza, a rappresentare il leit-motiv della sezione "Anima ignis".